Riforma del contenzioso tributario: le novità e i chiarimenti dell’agenzia delle entrate


Con Circ. 29 dicembre 2015, n. 38/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in ordine alla novella (D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156) che ha interessato il contenzioso tributario. Le maggiori novità riguardano il potenziamento dell’istituto del reclamo/mediazione, l’esecutività immediata delle sentenze non definitive concernenti i giudizi promossi avverso gli atti relativi alle operazioni catastali e di quelle, sempre non definitive, recanti condanna al pagamento di somme a favore dei contribuenti, la previsione del giudizio di ottemperanza come unico meccanismo processuale di esecuzione delle sentenze, siano esse definitive o meno. In questo primo articolo ci si sofferma sui temi del reclamo mediazione, della conciliazione nonché della sospensione dell’atto impugnato e della sentenza per poi proseguire, nella seconda parte di prossima pubblicazione, trattando le novità legate alle modifiche alla disciplina del ricorso per Cassazione, l’esecuzione delle sentenze e il giudizio di ottemperanza.

Articolo della Collega Elisa Manoni – Avvocato in Ancona tratto da quotidiano giuridico pluris.
 

 

» Riforma processo tributario
20/01/2016
Riforma del contenzioso tributario: le novità e i chiarimenti dell’agenzia delle entrate

Con Circ. 29 dicembre 2015, n. 38/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in ordine alla novella (D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156) che ha interessato il contenzioso tributario. Le maggiori novità riguardano il potenziamento dell’istituto del reclamo/mediazione, l’esecutività immediata delle sentenze non definitive concernenti i giudizi promossi avverso gli atti relativi alle operazioni catastali e di quelle, sempre non definitive, recanti condanna al pagamento di somme a favore dei contribuenti, la previsione del giudizio di ottemperanza come unico meccanismo processuale di esecuzione delle sentenze, siano esse definitive o meno. In questo primo articolo ci si sofferma sui temi del reclamo mediazione, della conciliazione nonché della sospensione dell’atto impugnato e della sentenza per poi proseguire, nella seconda parte di prossima pubblicazione, trattando le novità legate alle modifiche alla disciplina del ricorso per Cassazione, l’esecuzione delle sentenze e il giudizio di ottemperanza.

di Elisa Manoni – Avvocato in Ancona

In attuazione dell’art. 10 della Legge Delega 11 marzo 2014, n. 23, il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, pubblicato sul supplemento ordinario n. 55/L alla Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015, ha apportato rilevanti modifiche ad alcune disposizioni contenute nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, concernente la disciplina del processo tributario.

Modifiche in riferimento alle quali l’Amministrazione Finanziaria ha provveduto a fornire chiarimenti, con Circ. 29 dicembre 2015, n. 38/E.

In sintesi le principali novità e gli indirizzi operativi forniti dall’Agenzia.

Potenziamento dell’istituto del reclamo mediazione

La novità più rilevante che ha interessato tale mezzo riguarda la sua estensione a tutte le controversie indipendentemente dall’ente impositore (finora tale istituto era riservato alle sole cause dell’Agenzia delle Entrate).

Pertanto, l’istituto, pur restando circoscritto alle sole liti fino a ventimila euro di valore, è ora esteso a tutte le controversie tributarie, anche qualora parte in giudizio sia un ente impositore diverso dall’Agenzia delle entrate (ad esempio, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli o un ente locale) ovvero l’agente o il concessionario privato della riscossione.

Nel vigore della nuova disciplina, l’individuazione delle controversie soggette al reclamo avviene dunque sulla base di un unico criterio, cioè il valore della lite non superiore a ventimila euro. Per la determinazione di detto valore si fa riferimento alle disposizioni del novellato art. 12, comma 2D.Lgs. n. 546 del 1992, che sullo specifico punto sono rimaste invariate.

Il nuovo comma 1 dell’art. 17-bis stabilisce che “il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa“.

La pregressa disciplina prevedeva, invece, un’apposita istanza di reclamo, motivata sulle stesse ragioni che sarebbero state portate all’attenzione del giudice nella eventuale fase giurisdizionale con il successivo deposito del ricorso, decorsi i termini previsti per la conclusone del procedimento.

Il venir meno della necessità di presentazione di un’apposita istanza giustifica anche la mancata riproposizione della previgente disposizione che dichiarava espressamente applicabili al procedimento di reclamo, in quanto compatibili, le norme sulla proposizione del ricorso. Nella nuova configurazione il procedimento di reclamo/mediazione è, infatti, connaturato al processo.

Per le controversie in questione il contribuente ha, comunque, la facoltà di inserire nel ricorso una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa, già esercitabile, sulla base del testo normativo antecedente, attraverso la presentazione del reclamo.

Con la proposizione del ricorso si apre una fase amministrativa di durata pari a 90 giorni entro la quale deve svolgersi il procedimento di reclamo/mediazione. Tale fase, che si colloca temporalmente tra l’avvio dell’azione giudiziaria (coincidente con la notifica del ricorso) e l’eventuale instaurazione del giudizio (i termini per la costituzione del ricorrente, come si vedrà, restano sospesi durante il procedimento), è finalizzata all’esame del reclamo e dell’eventuale proposta di mediazione, con l’obiettivo di evitare, in caso di esito positivo, che la causa sia portata a conoscenza del giudice.

Durante la pendenza del procedimento di reclamo/mediazione, e cioè a decorrere dalla notifica del ricorso e nei successivi 90 giorni, calcolati applicando le regole dei termini processuali, si verificano i seguenti effetti, così come affermato dall’Amministrazione Finanziaria nella Circ. 29 dicembre 2015, n. 38/E:

 

  • il ricorso non è procedibile, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’art. 17-bis. Ciò significa che l’azione giudiziaria può essere proseguita, attraverso la costituzione in giudizio del ricorrente, solo una volta scaduto il termine per lo svolgimento dell’istruttoria. Come chiarito dal successivo comma 3, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente, previsto dall’art. 22D.Lgs. n. 546 del 1992, decorre solo dopo lo scadere del termine dilatorio di 90 giorni; inoltre, la commissione tributaria provinciale, se rileva che la costituzione in giudizio è avvenuta prima dello scadere dei novanta giorni, rinvia la trattazione della causa per consentire l’esame del reclamo;

  • – sono sospesi ex lege la riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all’atto oggetto di contestazione, come previsto dal comma 8 dell’art. 17-bis. Tale disposizione stabilisce altresì che, decorso il termine di 90 giorni senza che vi sia stato accoglimento del reclamo o perfezionamento della mediazione, il contribuente è tenuto a corrispondere gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta per il periodo di sospensione. La disciplina sul punto ricalca quella previgente, fatta eccezione per la previsione, contenuta nel comma 9-bis, ultimo periodo, del vecchio art. 17-bis e non riproposta nel nuovo testo, che dichiarava inoperante la sospensione legale per i casi di improcedibilità del ricorso a seguito di prematura costituzione in giudizio del ricorrente.

 

Pertanto, si deve ritenere che ora la sospensione legale della riscossione, che consegue automaticamente alla presentazione del ricorso, operi anche nel caso in cui il contribuente si costituisca prima dello scadere del termine di 90 giorni;

 

  • – le sanzioni sono ridotte al 35 per cento (mentre in precedenza la percentuale era fissata al 40 per cento) ed irrogabili sulla base del minimo edittale previsto dalla legge (e non più in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla mediazione);

  • – condizione indispensabile per il perfezionamento dell’accordo di mediazione è il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di sottoscrizione del predetto accordo, delle intere somme dovute o, in caso di versamento rateale, della prima rata, in relazione all’accordo stesso.

 

L’Agenzia (Circ. 29 dicembre 2015, n. 38/E) ha specificato che, con riguardo alle liti concernenti atti dell’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a ventimila euro, già ricadenti nell’ambito di applicazione del reclamo/mediazione in base alla previgente disciplina, trova applicazione la richiamata regola generale enunciata nella relazione illustrativa secondo cui le nuove disposizioni (con particolare riguardo alla riduzione delle sanzioni, alle modalità di pagamento e alla possibilità di esperire la conciliazione giudiziale in caso di esito negativo del reclamo/mediazione) si applicano ai procedimenti di mediazione pendenti alla data del 1° gennaio 2016.

In ordine ai predetti procedimenti pendenti, se alla data del 1° gennaio 2016 il reclamo/mediazione risulta già perfezionato attraverso il pagamento in unica soluzione o della prima rata, la misura della riduzione delle sanzioni e le modalità di pagamento restano disciplinati dalle norme in vigore prima della riforma in esame, ossia al momento del perfezionamento.

Conciliazione

È stata prevista la possibilità di conciliare anche le liti che si trovano nella fase di appello e non solo (come accadeva sotto la previgente disciplina) le controversie tributarie pendenti nel primo grado di giudizio.

L’altra novità riguarda la possibilità di conciliare anche le controversie che ricadono nell’ambito di applicazione dell’istituto del reclamo/mediazione di cui all’art. 17-bisD.Lgs. n. 546 del 1992, cioè le cause tributarie di valore non superiore a ventimila euro, oppure relative ad operazioni catastali, instaurate a seguito di rigetto dell’istanza di reclamo ovvero di mancata conclusione dell’accordo di mediazione.

La conciliazione può aversi in pendenza di giudizio, che si realizza, come nella pregressa disciplina, con il deposito in giudizio (di primo o di secondo grado) di una “istanza congiunta“, cioè di una proposta di conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito, con l’unica differenza che il soggetto deputato ad effettuare il deposito è ora individuato in ciascuna delle parti del giudizio e non più esclusivamente nell’Ufficio.

La nuova disposizione non fissa un termine per il deposito dell’accordo di conciliazione, che invece la pregressa disciplina individuava nella data di trattazione in camera di consiglio o di discussione in pubblica udienza del giudizio di primo grado. Ciononostante, l’Amministrazione, con la Circolare de qua, si ritiene che un limite temporale sia comunque rappresentato dal momento in cui la causa è trattenuta in decisione, superato il quale apparirebbe vanificato lo scopo deflattivo del contenzioso a cui è preordinata la conciliazione.

Altra modalità con cui si esplica la conciliazione è fuori udienza.

In base alla pregressa disciplina, in caso di avvenuta conciliazione le sanzioni erano applicabili nella misura del “40 per cento delle somme irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla conciliazionemedesima” ed, in ogni caso, in misura non inferiore al “40 per cento dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo“.

L’accordo previsto in caso di conciliazione “fuori udienza”, sia il processo verbale nel caso di conciliazione “in udienza”, costituiscono titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore.

Ai sensi del comma 4 dell’art. 48-ter, per il versamento rateale delle somme dovute “si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’accertamento con adesione dall’art. 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218

Il legislatore ha, infatti, inteso uniformare le regole che presiedono alle modalità di pagamento delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione.

Sospensione dell’atto impugnato e sospensione della sentenza

L’art. 9, comma 1, lett. u) del decreto di riforma ha modificato l’art. 49D.Lgs. n. 546 del 1992, eliminando l’inciso “escluso l’art. 337“. Fatta salva la disciplina specifica del processo tributario, la disposizione ora contiene un generale rinvio alle norme del codice di procedura civile in tema di sospensione delle sentenze.

Tale richiamo consente, quindi, di applicare le norme che disciplinano la sospensione cautelare delle sentenze di primo grado e d’appello in caso di impugnazione ordinaria e straordinaria.

Segnatamente, il nuovo comma 2 consente all’appellante di chiedere alla commissione regionale di sospendere in tutto o in parte (quindi limitatamente ai capi ad esso sfavorevoli) l’esecutività della sentenza impugnata, “se sussistono gravi e fondati motivi“, analogamente a quanto disposto dall’art. 283 c.p.c..

Come osservato dall’Amministrazione Finanziaria (Circ. 29 dicembre 2015, n. 38/E) “Tale locuzione fa riferimento, secondo l’orientamento prevalente in giurisprudenza, ai consueti presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora: sotto il secondo profilo, è richiesta una considerevole rilevanza del pregiudizio che l’esecuzione della sentenza potrebbe arrecare al ricorrente.

In un’ottica di rafforzamento della tutela della parte, al contribuente è accordata la possibilità di chiedere in ogni caso la sospensione dell’esecuzione dell’atto “se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile”, sulla base, cioè, “degli stessi presupposti previsti dall’art. 47 per la sospensione in primo grado” (relazione illustrativa al decreto di riforma).

Al contribuente è quindi consentito ottenere la sospensione degli effetti dell’atto impugnato anche quando questo sia confermato da una sentenza di merito“.